Le radici dell’ideale di Europa Unita nella Resistenza europea
Il contesto
L’idea di un’Europa Unita trova le sue radici nel XVIII e XIX secolo, ma rimane una aspirazione di pochi intellettuali.
Tra le due guerre mondiali, escono manifesti e libri dei primi intellettuali federalisti, che, criticando la suddivisione dell’Europa in Stati sovrani, ammoniscono contro il rischio di una nuova guerra mondiale, rimanendo tuttavia voci inascoltate.
Durante la Seconda guerra mondiale, in seno alla resistenza nei diversi paesi europei, intellettuali e politici delle correnti perseguitate dal nazi-fascismo, sviluppano con grande chiarezza l’idea della necessità di un’Europa Unita.
L’analisi politica del MFE
Il dramma del nazi-fascismo e gli esiti disastrosi della Seconda Guerra Mondiale mostrano chiaramente che solo un’Europa federale può evitare la spirale perversa in cui gli Stati nazionali, prigionieri delle loro dimensioni, perseguono con la violenza e la guerra lo sviluppo sociale ed economico e, in uno sforzo continuo di prepararsi alla guerra, militarizzano la società secondo ideologie politiche totalitarie e illiberali. Testimonianze di questa visione politica si ritrova in tutti i movimenti della Resistenza.
La pace europea è la chiave di volta della pace mondiale. In effetti, nello spazio di una sola generazione, l’Europa è stata l’epicentro di due conflitti mondiali che hanno avuto origine soprattutto dall’esistenza su questo continente di 30 Stati sovrani. La cosa più importante è di porre rimedio a questa anarchia con la creazione di una unione federale tra i popoli europei.
[Dalla Dichiarazione delle Resistenze europee, 1944]
L’azione del MFE
Il più lucido documento di questo periodo è senza dubbio il Manifesto di Ventotene, redatto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni nel confino sull’isola di Ventotene.
La diffusione negli ambienti della Resistenza delle tesi del Manifesto, che avvenne anche tramite il periodico clandestino L’Unità Europea (che è ancora oggi la rivista del MFE), portò alla fondazione del Movimento federalista europeo a Milano nel corso di una riunione clandestina il 27-28 agosto 1943.
Alla riunione parteciparono 31 persone: Arialdo Banfi, Giangio Banfi, Ludovico Belgioioso, Giorgio Braccialarghe, Arturo Buleghin, Lisli Carini Basso, Vindice Cavallera, Eugenio Colorni, Ugo Cristofoletti, Alberto Damiani, Vittorio Foa, Giovanni Gallo Granchielli, don Ernesto Gilardi, Leone Ginzburg, Enrico Giussani, Ursula Hirschman, Willy Jervis, Elena Moncalvi Banfi, Guido Morpurgo Tagliabue, Alberto Mortara, Bruno Quarti, Dino Roberto, Mario Alberto Rollier, Ada Rossi, Ernesto Rossi, Manlio Rossi Doria, Altiero Spinelli, Fiorella Spinelli, Gigliola Spinelli, Franco Venturi, Luisa Villani Usellini. Mancarono all’appuntamento Guglielmo Usellini e Cerilo Spinelli perché erano stati arrestati.
ll Piano Marshall, l’OECE e il Consiglio d’Europa
Il contesto
Gli USA, preoccupati della debolezza economica e della divisione dell’Europa, lanciavano, nel 1947, il Piano Marshall, uno straordinario piano di aiuti economici dati all’Europa nel suo insieme, che gli Stati avrebbero dovuto ripartire attraverso istituzioni comuni.
I 16 Stati dell’Europa occidentale che aderirono al Piano diedero vita, nel 1948, all’OECE (Organization for Economic Cooperation in Europe) per distribuire gli aiuti. L’anno dopo l’OECE fu affiancata dal Consiglio d’Europa, che promuove la democrazia e i diritti umani in Europa.
L’analisi politica del MFE
I federalisti speravano che la fine della guerra portasse con sé la nascita della Federazione europea. Tuttavia i Paesi vincitori reintegrarono gli Stati nazionali europei, con l’eccezione della Germania, suddivisa in 4 zone di occupazione.
L’iniziativa americana del Piano Marshall rinnovò così le speranze dei federalisti europei di giungere rapidamente alla Federazione europea.
L’azione del MFE
Il MFE e l'Unione dei Federalisti europei (UEF, l’organizzazione sovranazionale che riunisce le organizzazioni federaliste, fondata nel 1948) guidati da Altiero Spinelli si batterono perché l’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa assumesse un ruolo costituente e si facesse promotrice della creazione di istituzioni federali europee.
Il MFE svolse un’azione di pressione sui membri dell’Assemblea consultiva e organizzarono una petizione europea che ebbe un notevole successo in Italia, dove fu sottoscritta da oltre 521.000 cittadini, 246 parlamentari e 493 Consigli comunali.
La guerra fredda e la CECA
Il contesto
Lo scoppio della guerra fredda portò, alla fine del 1949, alla creazione di due blocchi in Europa, il Patto Atlantico a guida USA (il cui braccio operativo è rappresentato dalla NATO – North Atlantic Treaty Organization) e il Patto di Varsavia a guida URSS. Ciò rese indispensabile per l’Occidente rimettere in moto l’economia tedesca e quindi il ricorso al suo carbone e acciaio.
Ma la Francia, preoccupata di una rinascita priva di vincoli della Germania, ne era contraria. La via d’uscita fu indicata da Jean Monnet, che inviò al Ministro degli esteri francese, Schuman, il memorandum con la proposta dell’istituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA).
La proposta fu accolta da Schuman fu resa pubblica con la dichiarazione del 9 maggio 1950 (che oggi ricordiamo come la festa dell’Europa): accettarono Francia, Germania Ovest, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo.
L’analisi politica del MFE
La grande novità della CECA è l’istituzione di una Comunità sopranazionale che gestisce direttamente e senza vincoli da parte dei governi, le risorse minerarie ed industriali dei Paesi che ne fanno parte (e non solo quelle tedesche).
Inizia così l’approccio funzionalistico all’integrazione europea. Questo metodo ha permesso agli Stati europei di realizzare avanzamenti parziali nel processo d’integrazione attraverso la sola collaborazione tra Stati, senza però toccare il nodo della sovranità: sul lungo periodo però questo sistema rivelerà tutti i suoi limiti e contraddizioni.
L’azione del MFE
Agli anni ’50 risalgono anche le prime manifestazioni federaliste contro le frontiere per chiedere la libera circolazione delle merci e delle persone, che verranno condotte con continuità fino alla creazione dello Spazio di Schengen.
La CED e il primo tentativo di fondare uno Stato federale europeo
Il contesto
Verso la fine del 1950, con l’inizio della guerra in Corea, si corse il rischio di una guerra “calda” tra USA e URSS. Ciò spinse gli USA ed il Regno Unito a porre, in sede NATO, il problema della ricostruzione dell’esercito tedesco per rafforzare la difesa dell’Europa.
Per ovvie ragioni il governo francese era contrario, ma non era abbastanza forte per imporre il suo no. Si fece così strada in Francia l’idea di servirsi del modello politico-istituzionale creato con la CECA per dar vita ad un esercito europeo, allo scopo di riarmare i tedeschi, ma sotto il controllo di un’autorità sovranazionale europea, la Comunità Europea di Difesa (CED).
La Francia così propose agli altri Paesi europei del Patto atlantico la creazione della CED. Aderiscono Germania Ovest, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo.
L’analisi politica del MFE
La proposta francese della CED riprendeva il modello della CECA: gli eserciti europei sarebbero stati posti sotto il controllo di istituzioni comuni.
Tuttavia la CED non si sarebbe occupata di un settore specifico dell’economia come la CECA, ma di una parte vitale ed essenziale dello Stato: la difesa.
Infatti, fare un esercito europeo senza uno Stato avrebbe portato a conseguenze contradditorie:
- senza una testa politica, un esercito europeo sarebbe stato una semplice coalizione militare di eserciti nazionali, che avrebbe raggiunto il risultato contradditorio di ricreare l’esercito tedesco ponendolo, in sostanza, agli ordini del suo Governo (e non di un Commissario europeo);
- gli eserciti europei sotto il comando del Commissario europeo avrebbero operato all’interno della NATO e quindi del suo Paese più forte, cioè gli USA, diventando così truppe di Stati tributari.
L’azione del MFE
Pochi conoscono questa vicenda: il MFE inviò al governo italiano guidato da Alcide De Gasperi un Pro-memoria redatto da Altiero Spinelli, che faceva osservare le due contraddizioni insite nel progetto di esercito europeo senza Stato europeo.
De Gasperi lesse il Pro-memoria e si convinse che l’unica soluzione fosse la creazione di uno Stato europeo per far sì che l’esercito europeo fosse realmente controllato politicamente e democraticamente dagli europei.
De Gasperi, dopo aver convinto anche gli altri Governi europei ad aderire al progetto, riuscì a far inserire, nel progetto della CED, quello di una Comunità Politica Europea (CPECEP) e ad affidare all’assemblea allargata della CECA (l’Assemblea ad hoc) il compito di redigerne il progetto di statuto La CEP avrebbe aperto la strada all’unità federale europea.
La CED, sottoposta a ratifica dei Parlamenti, fu però respinta dall’Assemblea nazionale francese il 30 agosto del 1954 e per motivi di politica interna. E con la CED cadde anche il progetto della Comunità Politica Europea.