1. Di fronte al disordine politico, alle distruzioni e alle vittime che si registrano in Ucraina da mesi, con il rischio che si accenda un conflitto armato internazionale dalle conseguenze incalcolabili, c’è un solo colpevole ed esso porta il nome di Unione Europea. L’UE, premio Nobel per la pace 2012, ha la responsabilità di avere promosso un accordo di associazione e di libero scambio con Kiev abbandonando la linea tradizionale espressa in autorevoli documenti approvati in passato[1] di inserire gli accordi con i paesi della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) nel quadro del partenariato di vicinato con la Russia.
2. Le responsabilità dell’UE si ripartiscono al suo interno tra tutti gli attori politicamente responsabili: Presidente del Consiglio europeo, Presidente della Commissione, Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Parlamento europeo, singoli governi nazionali e loro parlamenti, forze politiche e la stessa società civile. Nessuno ha preso per tempo posizione per fermare lo scivolamento sul piano inclinato che ha portato alle drammatiche giornate che sconvolgono l’Ucraina e alla riedizione di un clima di guerra fredda tra Occidente e Federazione russa.
3. L’UE ha alimentato le legittime attese dei cittadini ucraini alla democrazia e al benessere, senza rendersi conto che il progetto spaccava il paese, mobilitando a Kiev e nella parte occidentale del paese i movimenti armati di destra, i cui rappresentanti sono ora anche entrati a far parte del governo provvisorio di Kiev, e nelle province orientali i separatisti filo-russi sotto istigazione di Mosca.
4. L’Unione Europea, dopo le nette posizioni di Mosca contro l’accordo già risalenti all’autunno scorso e la successiva annessione della Crimea da parte di quest’ultima, a seguito del rovesciamento della Presidenza di Viktor Yanukovich a Kiev, si è rifugiata sotto l’ombrello protettivo statunitense, nonostante le umiliazioni delle intercettazioni telefoniche e delle battute del sottosegretario di Stato USA Victoria Nuland. L’UE non ha avuto la capacità di esprimere una sua strategia politica rivolta a stabilizzare tutta l’area della CSI e a promuovere lo sviluppo e le libertà democratiche non solo a Kiev ma anche a Minsk, Mosca, Astana, Tbilisi e altre capitali dei paesi ex Unione Sovietica. Ha finito con l’adottare una linea di sanzioni crescenti nei confronti della Russia che aumenta solo i livelli dello scontro.
5. Le conseguenze di tali comportamenti si ribaltano anche su altri teatri di crisi mondiale. Mettono a rischio i negoziati in corso a Ginevra sul nucleare iraniano e sulla fine della guerra civile in Siria. Due negoziati, affidati alla regia russo-americana, nonostante che siano decisivi per la sicurezza dell’Europa e per i suoi approvvigionamenti energetici allo stesso modo delle relazioni con la Federazione russa e gli altri paesi ex sovietici.
6. Henry Kissinger ha affermato, con ragione: “Per l’Occidente la demonizzazione di Vladimir Putin non è una politica, bensì un alibi per l’assenza di quest’ultima”[2]. L’Unione Europea non ha, infatti, compreso il valore evolutivo, sul piano economico, sociale e politico, del progetto moscovita per la creazione di un’Unione doganale eurasiatica. Il progetto offre la possibilità di potere attivare fruttuose cooperazioni commerciali, produttive e tecnologiche con le economie dell’area, Kiev compresa, di avviare un processo evolutivo della società civile ex sovietica in termini pluralistici, con il rafforzamento delle istanze liberal-democratiche già presenti all’interno dell’area. Il progetto può normalizzare politicamente la CSI, oggi dominata da governi autocratici e da un quadro di potere gestito da centrali oligarchiche, favorendo gli sviluppi democratici e la possibile evoluzione federale della stessa. Occorre che l’UE lo sostenga e lo condizioni dall’esterno.
7. Nessuno in Europa ha sottolineato i rischi della destabilizzazione politica cui va incontro tutta l’area ex sovietica e del rafforzamento delle spinte autoritarie al suo interno a seguito della crisi ucraina. Come al solito, gli europei si sono entusiasmati dell’ennesima “primavera” nel mondo senza preoccuparsi di costruire le condizioni strutturali per sorreggere i successivi faticosi processi di democratizzazione. Vedi anche il caso della “primavera araba”. Ciò è tanto più grave data la stessa esperienza europea di pace, sicurezza, democrazia e benessere vissuta dall’Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale grazie al processo di unificazione europea.
8. L’approssimarsi delle elezioni europee impone alle forze politiche europee e ai loro candidati alla presidenza della Commissione di avanzare proposte di normalizzazione, di apertura di un negoziato globale di partenariato con i governi della CSI. Ciò è decisivo per inserire il futuro di Kiev al centro delle relazioni tra UE e Federazione russa e supportare la riforma in senso federale dello Stato ucraino sostenuta da Mosca. Nello stesso tempo, i primi passi possono essere compiuti dai governi degli Stati membri dell’UE chiamati a prendere posizione su questi temi per dare un segno sul cambiamento di linea. Senza un quadro politico di riferimento rivolto alla pacificazione, appare una proposta debole e controproducente la disponibilità, espressa dal Ministro della difesa italiano Roberta Pinotti , di inviare contingenti di peacekeepers in Ucraina.
9. Qualsiasi possibilità di azione definitiva passa, però, attraverso la riapertura immediata dopo le elezioni europee del processo costituente già avviato da Altiero Spinelli negli anni ottanta poiché l’ostacolo da rimuovere è l’assenza di un governo federale europeo, democraticamente legittimato nella sua capacità di decisione e di azione nella politica interna e in quella esterna. Un segnale in questo senso avrebbe valore strategico. Infatti, l’Europa non può presentarsi al negoziato sui rapporti con l’area di vicinato euroasiatica senza avere portato a compimento l’unione economica e monetaria, ridotto la sua dipendenza energetica esterna, promosso il suo sviluppo tecnologico e rilanciato il suo modello sociale, da un lato, e acquisito un’equal partenership con gli Stati Uniti nell’ambito dell’Alleanza Atlantica, dall’altro lato. Questi passi sono essenziali per proporre un rafforzamento strutturale dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), figlia del processo di Helsinki, quale istituzione sovranazionale di governo nei rapporti tra USA, UE e CSI.
10. Questo è il compito che i cittadini europei si attendono dalla nuova legislatura del Parlamento europeo, dai Governi degli Stati membri e soprattutto dal Governo italiano, subito e nel semestre di presidenza europea.
5 maggio 2014
[1] Vedi rapporto dell’allora Alto rappresentante per la Pesc Javier Solana, Un’Europa sicura in un mondo migliore, approvato dal Consiglio europeo del 12 dicembre 2003.
[2] Cfr. Henry Kissinger, Quel ponte di Kiev tra Est ed Ovest, in “La Repubblica” di venerdì 7 marzo 2014.