L'Europa non ha mai fatto fino in fondo i conti col nazionalismo, pensando che bastasse far avanzare il processo di integrazione europea per vederlo scomparire dalle opzioni politiche. La netta vittoria delle forze populiste e nazionaliste nelle elezioni italiane rende ora urgente sciogliere una volta per tutte quel nodo, creando un'Europa sovrana, unita, democratica.
Il nazionalismo è un'idra dalle molte teste. Si può presentare col volto truce del fascismo, del nazismo e del razzismo, ma anche con quello più rassicurante dell'interesse nazionale, dell'amor di patria, del primato sulle altre nazioni. Sconfitto nelle espressioni più odiose e rivoltanti con cui si era manifestato nella prima metà del Novecento, nell'immediato dopoguerra lo si è lasciato sopravvivere nelle sue varianti più moderate, rendendolo compatibile con i sistemi liberal-democratici dei risorti Stati nazionali. Durante i decenni della guerra fredda questo tacito compromesso ha consentito di realizzare una crescente integrazione tra gli Stati dell'Europa occidentale e nello stesso tempo di mantenere in vita delle sovranità nazionali in realtà ben limitate dalla preponderante potenza politica, militare ed economica degli USA.
Con la caduta del Muro di Berlino e la fine dell'equilibrio bipolare il nazionalismo, prima compresso all'Ovest e represso al'Est, ha risollevato le sue teste ed ha cominciato a mostrare anche quelle meno presentabili. Ci si è illusi che i rimedi potessero essere la rinuncia alla sola sovranità monetaria da parte di un nucleo di Paesi e l'allargamento alle nuove ed incerte democrazie nate sulle ceneri dell'impero sovietico. Con una serie di trattati – da Maastricht a Lisbona – si è così tentato di mettere in piedi un nuovo equilibrio capace di reggere alle sfide che il Vecchio Continente si trovava ad affrontare.
Sono bastati il ripiegamento degli Stati Uniti in chiave nazionale dopo un velleitario tentativo di governo unipolare del mondo ed una globalizzazione economico-finanziaria che ha sconvolto e sconvolge tutte le gerarchie tra Stati, aree geografiche, classi e ceti per rivelare la fallacia di quelle illusioni e permettere all'idra nazionalista di mostrarsi orgogliosamente e spudoratamente all'est come all'ovest, al nord come al sud.
La netta vittoria delle forze populiste e nazionaliste nelle elezioni politiche italiane, dopo molti altri segnali che andavano nella stessa direzione, non può essere derubricata ad incidente di percorso. E' il cuore del progetto europeo che viene messo in discussione. L'Italia non è il Regno Unito. E' uno dei Sei fondatori, il Paese di Spinelli, De Gasperi ed Einaudi, la terza economia e la seconda manifattura dell'Eurozona. Tutto questo le ha assegnato in alcuni momenti un ruolo propulsivo, ma le può conferire anche un potere distruttivo che sarebbe ingenuo sottovalutare.
Prima la Francia e poi la Germania sembrano aver compreso che non è più il tempo delle mezze misure. Bisogna tagliare tutte le teste dell'idra ed il solo modo per farlo è costruire un'Europa sovrana, unita, democratica.
Verona, 5 marzo 2018