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La Francia è tornata. Eleggendo Macron, i cittadini francesi hanno scelto con chiarezza, ancora una volta, i valori della Repubblica, e, insieme, i valori dell’Europa. Hanno confermato che la marea del nazionalismo e del populismo si può ricacciare, e che alla paura si può opporre la forza della volontà di costruire un futuro migliore.

Questo futuro è in Europa – o meglio, è l’Europa. E’ stato questo il tema chiave del confronto elettorale, il nuovo spartiacque della politica, non più schierata lungo l’asse tradizionale destra/sinistra, ma lungo la nuova linea di divisione, che riecheggia quella del Manifesto di Ventotene, tra nazionalismo ed europeismo.

La Francia è dunque tornata, e ha manifestato la volontà di esserci per far ripartire l’Europa. E’ un ritorno che l’Europa intera saluta con moltissimo sollievo, e con molte aspettative: non solo perché con la vittoria di Macron è stato rigettato il rischio di una crisi drammatica, ma anche perché la Francia tiene in mano gran parte del destino del nostro continente. Non è un caso che la caduta della CED sia stata dovuta alla bocciatura del Trattato da parte dell’Assemblea nazionale; e non è un caso che l’euro sia nato senza essere affiancato da una vera unione economica e politica. In entrambi i casi, l’opposizione francese all’ipotesi di una effettiva cessione di sovranità politica all’Europa ha bloccato il progetto in corso d’opera.

La sfida di Macron sarà pertanto di riuscire a rovesciare questo atteggiamento francese: mentre dovrà saper aprire e rivitalizzare il sistema-paese per ridargli slancio e riguadagnare anche la fiducia dei partner, Germania in primis, dovrà al tempo stesso saper abbattere il feticcio della sovranità nazionale, riuscendo a “rafforzare l’Unione europea per quanto riguarda le 5 dimensioni della sovranità”, come recita il programma di En Marche!.

In entrambi i casi si tratta di una battaglia difficile, ma la vittoria non è impossibile in questo momento di crisi così profonda che richiede azioni politiche di rottura. Macron dovrà vincere un confronto durissimo in casa, per essere credibile; e dovrà trovare il punto di intesa con la Germania su quale Europa costruire, coinvolgendo i partner, in particolare nell’eurozona.

Nelle proposte avanzate durante la campagna elettorale, le priorità indicate da Macron andavano nella giusta direzione: sicurezza, interna ed esterna, crescita economica – in particolare nell’eurozona grazie ad una riforma dell’UEM – la giusta protezione per affrontare senza timori la globalizzazione; anche la proposta di promuovere un dibattito europeo con i cittadini e fra i cittadini, dando vita a convenzioni democratiche in tutta l’UE per discutere le priorità di azione e la relativa agenda di attuazione, è importante. Ma tutto questo ancora non basta, perché non si dice nulla circa i cambiamenti istituzionali verso cui orientarsi per creare, al di là di questi primi passi, un vero governo e una vera sovranità europea. Né si affrontano i nodi complessi della ridefinizione dell’Unione europea che la creazione di un’unione politica federale a partire dai paesi euro pone, costringendo a definire con chiarezza il problema della convivenza all’interno dell’UE di almeno due livelli differenti di integrazione per strutturare con chiarezza lo status degli Stati membri che al momento non intendono compiere il passo verso l’unità politica.

Solo arrivando a concordare una nuova architettura istituzionale per l’Europa, e accettando di impegnarsi ad aprire un processo di cambiamento dei Trattati, Francia e Germana riusciranno anche a superare, già nell’immediato, i limiti posti dal loro diverso approccio alla governance europea.

Le misure immediate, quindi sono un segnale importantissimo che l’Europa deve dare ai cittadini e al mondo. Ma perché funzionino si devono inquadrare in un disegno più ampio, e gli altri partner europei dovrebbero a loro volta lavorare perché si vada in questa direzione. Questo è un suggerimento – o forse sarebbe più corretto dire: un monito – che vale in particolare per l’Italia: per il governo, ma anche per tutte le forze politiche. Saper essere all’altezza propositiva della migliore tradizione del nostro paese dovrebbe essere un punto di riferimento per la politica del nostro paese, nella consapevolezza che nessuno oggi, in Europa, e a maggior ragione l’Italia, può permettersi di non lavorare “per il rafforzamento dell’Unione europea per quanto riguarda la dimensione della sovranità”.

  


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