II 6 novembre si è svolto a Rimini, presso la Fiera Ecomondo il convegno "La posizione dell’Europa e le proposte dei movimenti e delle organizzazioni della società civile in vista della Conferenza dell’ONU sul clima di Cancún". Il convegno è stato organizzato dalla Commissione nazionale ambiente del MFE, dal Centro Einstein di Studi Internazionali di Torino e dall’Istituto di Studi sul Federalismo e l’Unità Europea "Paride Baccarini", con il patrocinio del Parlamento europeo, della Commissione europea, del Comune di Rimini, e con la collaborazione di CIME, AICCRE e AEDE.
Lamberto Zanetti ha coordinato e presieduto i lavori del Convegno, a cui hanno partecipato Jeremy Rifkin, con un video, Roberto Palea, Angelo Consoli, Alberto Majocchi, Vittorio Prodi, Liliana Digiacomo e Maurizio Gubbiotti. Nell’introdurre i lavori del Convegno Lamberto Zanetti, coordinatore della Commissione nazionale ambiente del MFE e Presidente dell’Istituto di Studi sul Federalismo e l’Unità Europea “Paride Baccarini”, ha ricordato che la Commissione nazionale ambiente del MFE già da tempo organizza convegni sulla riconversione ecologica dell’economia e della società e anche l’anno scorso ha lavorato per far giungere a Copenaghen le proposte del MFE, che a Rimini vengono ripresentate e arricchite dai relatori presenti, con la partecipazione in video di Jeremy Rifkyn, che appoggia con entusiasmo l’iniziativa federalista.
Roberto Palea, Presidente del Centro Einstein di Studi Internazionali di Torino, nella sua introduzione ha esposto con chiarezza che il mondo non ha ancora capito la gravità delle conseguenze dei cambiamenti climatici in corso - che pongono a rischio la sopravvivenza stessa del genere umano - per effetto delle emissioni di CO2 e di altri gas nell’atmosfera, derivanti dall’uso crescente di combustibili fossili nell’attività dell’uomo.
Poiché stabilizzare il clima è un problema globale, esso deve essere affrontato insieme dai principali paesi inquinatori (Stati Uniti, Cina, Unione europea, India, Giappone, Russia, Brasile, Sud Africa). Questi, a Cancún, debbono trovare un accordo vincolante che comporti un piano pluriennale di riduzione delle emissioni ad effetto serra, basato sulle emissioni pro-capite (e non su quelle complessive) dei paesi indicati.
Perché detto piano diventi credibile ed efficace è necessario che venga avviata la costituzione di un’Organizzazione Mondiale per l’Ambiente in grado di gestire, dinamicamente, detto piano. L’Organizzazione Mondiale per l’Ambiente dovrebbe assumere come modello quello della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (C.E.C.A) nel processo di unificazione europea, e quindi essere dotata di reali poteri, finanziata da risorse proprie e diretta da un’Alta Autorità indipendente, sotto controllo dell’ONU. Una carbon tax mondiale sarebbe lo strumento più adatto per assicurare il suo finanziamento.
Perché queste rivendicazioni possano affermarsi è fondamentale il ruolo dell’Unione Europea, la quale è tenuta:
- ad istituire subito la carbon tax europea;
- ad adottare quelle misure istituzionali necessarie perché l’Unione europea completi il processo di unificazione federale, assumendo la capacità di parlare con una voce sola nel contesto internazionale, anche per svolgere quel ruolo di leadership nel processo di riconversione, in senso ecologico, dell’economia che le compete.
È, inoltre, indispensabile la mobilitazione della società civile e la capacità dei movimenti che la rappresentano di muoversi con unità d’intenti e per obiettivi condivisi. Subito dopo si è stato trasmesso l’intervento di Jeremy Rifkin che, non potendo intervenire di persona, ha inviato un video esponendo la sua posizione, che riportiamo integralmente.
Dopo aver salutato gli amici del Movimento Federalista Europeo che ospitavano il Convegno di Rimini sul futuro dell’ambiente e sui cambiamenti climatici, Jeremy Rifkin, ha detto: ”Ad oggi, non c’è questione più impellente per l’intero pianeta del riscaldamento globale. Siamo alla svolta decisiva nella storia della razza umana. La comunità scientifica sostiene che più avanti nel corso di questo secolo potremmo trovarci sull’orlo dell’estinzione della razza umana e della vita sul pianeta. Abbiamo già avuto modo di vedere l’impatto dei cambiamenti climatici sull’agricoltura e sulle infrastrutture e siamo a corto di tempo sia per affrontare questa crisi, che per creare alternative. Pertanto, l’iniziativa del Movimento Federalista Europeo di aprire una discussione sul come far incontrare gruppi operanti in vari settori a livello internazionale e di iniziare a creare un piano unificato a lungo termine, più coerente e completo, è decisiva. Un piano che riconfiguri la nostra società al fine di creare un’epoca “post carbon”. Come già sapete tutti, nel 2007 il Parlamento Europeo ha approvato formalmente una nuova “Terza Rivoluzione Industriale” per l’Europa e per l’intero pianeta. Questa Terza Rivoluzione Industriale ci porta in un nuovo regime economico distribuito e basato sulle energie rinnovabili. Dobbiamo promuovere questa iniziativa non solo in Europa, ma in tutti i continenti. Ed è per questo che ciò che il Movimento Federalista Europeo sta facendo in occasione di questa conferenza di Rimini è assolutamente fondamentale. È necessario ora far incontrare le organizzazioni della società civile, le imprese, i governi locali e regionali di tutto il mondo per iniziare una discussione basata, prima di tutto, su un esame di coscienza e incentrata su come far interagire i nostri vari interessi in una sola iniziativa, cioè definire un modo per curare il pianeta, “ripiantare” la terra e conservarla per le generazioni future. Vorrei che tutti voi sapeste che con il pensiero sono lì presente e auguro a tutti voi una conferenza molto produttiva, come parte del nostro cammino verso il raggiungimento di un obiettivo per il quale abbiamo lavorato duramente per cosi tanti anni. Grazie di nuovo!”.
È seguito l’intervento di Angelo Consoli, Presidente del CETRI (Centre Européen pour la Troisieme Révolution Industrielle di Bruxelles), il quale ha trattato il tema: ”Un’Europa post carbon: un nuovo grande progetto per l’integrazione europea”. Angelo Consoli ha parlato sulle prospettive di una nuova strategia energetica europea che vada oltre il “20 20 20” e del concetto del “low carbon”, che attualmente ispira l’azione europea nel settore energetico. ”Low carbon”, infatti, nella prospettiva della Terza Rivoluzione Industriale, non può essere l’obiettivo strategico di lungo periodo, ma semplicemente lo strumento tecnologico per arrivare ad una Europa post carbon, verso uno scenario che utilizzi energie pulite, rinnovabili e l’idrogeno verde, in un nuovo modello di sviluppo energetico basato sull’energia distribuita.
Oggi la produzione di energia è accentrata. Il nuovo modello di sviluppo creerà innumerevoli posti di lavoro, l’energia distribuita darà “ energia al lavoro”. Angelo Consoli ha affermato che è questo che deve diventare il prossimo grande obiettivo dell’integrazione europea, dopo l’euro e l’allargamento. Un obiettivo capace di generare l’entusiasmo e la collaborazione “empatica” di quelle giovani generazioni ormai orfane di programmi quali Erasmus e che reclamano molta più Europa di quanta se ne vedano offrire. La Commissione europea, per Angelo Consoli, è sulla strada giusta. Con programmi nuovi e creativi come il Patto dei Sindaci, compie un passo in avanti portando le politiche climatiche più vicine ai cittadini, responsabilizzando in questo campo le istituzioni ad essi più vicine, i Comuni, e sottraendo pezzi importanti ai governi nazionali che hanno dimostrato di essere troppo chiusi nei loro giochi geopolitici per poter davvero intraprendere una azione efficace a tutela della biosfera e conseguentemente della razza umana su questo pianeta.
Ma si deve fare di più: si devono intraprendere più decisamente programmi di ricerca per le energie solari abbandonando il nucleare che ancora occupa oltre 80% dei bilanci europei specifici (7FP). E ci vuole molta più coscienza e consapevolezza dei temi energetici fra i cittadini, quindi molta più informazione. Negli ultimi decenni c’è stata un’incredibile democratizzazione dell’informazione: prima di internet si era solo fruitori di informazioni, da internet in avanti si è diventati fruitori e produttori di informazioni. La Terza Rivoluzione Industriale è l’estensione di questo modello decentrato: tutti potranno diventare fruitori e produttori di energia, per mezzo delle smart grid, la rete intelligente (o della generazione diffusa), in pratica una evoluzione delle attuali reti di energia elettrica. Anche sulle smart grid l’UE sta andando avanti. Ma molto deve ancora fare: integrare tutte le azioni fatte fino ad ora in un grande progetto: l’energia non è un mercato ma deve essere un fattore di sviluppo sociale ed economico, perché è un bene pubblico, come l’acqua, l’aria e la libertà: è un diritto umano! Ed è qui che l’UE può giocare un ruolo fondamentale, perché se è vero che il problema climatico non può essere risolto a livello di uno Stato membro, è anche vero che si può fare massa critica su Stati membri volenterosi e forzare gli altri Stati ad adeguarsi.
Alberto Majocchi, docente di Scienza delle Finanze all’Università di Pavia e Presidente dell’ISAE, ha esposto la proposta federalista “Una carbon tax europea per la riconversione ecologica dell’economia”, partendo dalla considerazione che con 9 lo sviluppo dei BRIC e degli altri paesi industrialmente emergenti la pressione sulle risorse è diventata insostenibile. Il vincolo ambientale impedisce di avviare la ripresa attraverso la componente della domanda di beni di consumo, in particolare nei paesi ricchi. Occorre quindi avviare la riconversione ecologica dell’economia e il primo obiettivo da raggiungere è il rilancio di un processo che deve portare alla fondazione di una low-carbon economy.
L’Europa ha scelto di utilizzare come strumento per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra i permessi negoziabili di inquinamento, impiegati nei settori più energivori e a più alta intensità di emissioni. Ma esso non copre alcuni settori importanti dell’economia europea, soprattutto i trasporti, ma anche i consumi delle famiglie, i rifiuti e l’agricoltura. Per queste ragioni è necessario rilanciare la proposta di introdurre in Europa la carbon/energy tax, con un duplice impatto positivo sulla riduzione di emissioni di CO2: da un lato, per la componente energia, promuovendo il risparmio energetico, attraverso l’aumento del prezzo delle fonti energetiche; d’altro lato, per la componente carbonio, rendendo più conveniente l’acquisto di combustibili non fossili e favorendo parallelamente lo sviluppo di energie rinnovabili. Vi è ormai un consenso diffuso sulla necessità di introdurre una carbon tax a livello mondiale per combattere i cambiamenti climatici.
Ma come avviene sempre nel caso di beni pubblici, nessun paese introduce l’imposta per il timore di perdita di competitività. L’Unione europea può farlo unilateralmente, se accompagna l’introduzione della carbon/energy tax con l’imposizione di un equivalente diritto compensativo alla frontiera. Il gettito della nuova imposta dovrebbe essere destinato al finanziamento del bilancio comunitario in modo tale da costituire una vera risorsa propria. Un bilancio di dimensioni pari al 2% del Pil europeo sarebbe inoltre più che sufficiente per garantire l’emissione di Union bonds nella misura richiesta per finanziare un grande piano di rilancio dell’economia europea e per sostenere gli investimenti necessari per favorire la transizione verso un’economia sostenibile.
Vittorio Prodi, membro della Commissione ambiente del Parlamento europeo, ha esordito affermando che la caratteristica del nostro momento è proprio il cambiamento, e la necessità fondamentale della politica è capirlo. Se si parla di riscaldamento globale, ci si rende conto da una parte della scarsità dei combustibili fossili, e dall’altra dei limiti dati dalle capacità della terra di assumerne gli scarti: questo è un problema globale che mette gli Stati in una situazione di interdipendenza. Si deve dunque trovare un sistema comune per gestire questa interdipendenza. Tale necessità apre la sfida per un governo mondiale.
L’Unione europea non ha un governo, ma la sua evoluzione ci insegna molto su come si gestisce l’interdipendenza dei governi. In questo momento particolare si è di fronte ad un rifiuto crescente nel capire questa interdipendenza, a darle un significato politico. Guardiamo l’Unione: ci mostra che gli Stati perdono pezzi di sovranità nella gestione dei problemi globali e la riacquistano solo all’interno delle istituzioni comuni È falso quando si dice che bisogna cedere sovranità all’Unione. In realtà la sovranità è erosa dalla globalizzazione e l’Unione è lo strumento degli Stati per riprendere porzioni di sovranità. Quello di cui stiamo parlando qui è andare oltre l’Onu, che è lì, fa qualche cosa, ma soprattutto rappezza gli strappi che succedono, senza nessuna capacità di agire. Nella politica dell’UE manca quella che è la giustizia climatica.
Il problema è che non è mai stata data una risposta politica alla dichiarazione di Bali, quella della responsabilità comune anche se differenziata: a tutte le generazioni va garantito un accesso equo alle risorse naturali. C’è bisogno di ridurre a un quinto le nostre emissioni di anidride carbonica per limitare il riscaldamento globale di due gradi. Ogni persona al mondo deve avere il diritto di usare gratuitamente l’atmosfera per comportamenti sostenibili. Serve un sistema di governo mondiale e la capacità di capire le dinamiche del cambiamento è fondamentale. È ciò che in Parlamento si esprime in uno slogan: oltre il Pil. Il Pil è un po’ il dittatore che misura il nostro benessere solo sulla produzione materiale, che deve crescere indefinitamente. Un paradosso, perché esistono beni almeno altrettanto importanti rispetto a quelli materiali che non sono considerati nel Pil. La riforma dell’idea di Pil è prima di tutto culturale, poi arriveranno soluzioni politiche.
Liliana Digiacomo, della Direzione nazionale MFE e Segretaria regionale della Puglia, in apertura del suo intervento, prima ancora di presentare al pubblico il documento del MFE “Fermiamo insieme la febbre del Pianeta - Un Piano mondiale per l’ambiente - Un ruolo attivo dell’Unione europea”, ha invitato l’on. Vittorio Prodi ad assumere l’impegno di far diventare risoluzione del Parlamento europeo tale documento, comunicando che lo stesso impegno era stato chiesto pochi giorni prima all’on. Gianni Pittella in occasione di un incontro a Bruxelles nella sede del Parlamento. In quella occasione l’on Gianni Pittella si era detto senz’altro disponibile. Anche l’on. Prodi dichiara subito la stessa disponibilità.
Liliana Digiacomo ha poi proseguito esponendo tutti i punti del documento del MFE in vista di Cancún, sottolineandone l’importanza per la drammaticità della situazione attuale: il mondo è in pericolo, è la stessa razza umana in pericolo di estinzione e il problema climatico è di carattere globale. Bisogna insegnare alla società e ai giovani che è giunto il momento della decrescita, che altro non è che l’assenza di sprechi, per poter avere ancora un futuro sostenibile. Con il documento del MFE si chiede all’Unione europea di farsi promotrice della riconversione ecologica dell’economia, di svolgere tale ruolo completando l’Unione federale dell’Europa con la creazione di un governo democratico europeo, di operare per ridurre concretamente le emissioni di CO2, di affrontare il problema con gli altri Stati del mondo, costituendo un’Organizzazione Mondiale per l’Ambiente, sul modello della CECA, gestita da un’Alta Autorità indipendente e dotata di adeguate risorse finanziarie proprie, fra cui una carbon tax mondiale, con l’assunzione di impegni vincolanti da parte degli Stati per gestire insieme le emergenze globali.
Maurizio Gubbiotti, Coordinatore della Segreteria nazionale di Legambiente, nell’esporre le conclusioni del Convegno, ha detto che a Cancún, come accadde a Copenaghen nel 2009, la Conferenza dell’ONU sarà partecipata e vissuta non solo dagli addetti ai lavori, ma anche da moltissime realtà sociali mondiali e da paesi mai intervenuti nei 15 anni precedenti, perché ormai c’è un’enorme consapevolezza del problema ambientale ed energetico. A Cancún bisogna intervenire con una sfida alta che rimetta in discussione tutto il modello di sviluppo, a partire dal modello energetico: la sfida giusta è la terza rivoluzione industriale, che supera la dipendenza energetica dai fossili puntando sulla energia distribuita, ed è l’unica sfida che può dare un futuro o non ci sarà più tempo per le sfide. È il discorso dei nuovi diritti nel mondo, è il discorso della giustizia climatica, perché l’ambiente, il lavoro, la salute e l’energia sono diritti.
Dietro alla crisi ambientale ci sono i profughi ambientali, ad oggi 50 milioni di persone, ma la cifra può essere stravolta da una qualsiasi catastrofe ambientale in qualsiasi momento. Già 192 milioni di persone non sono più nel loro territorio di origine, perché la loro terra non può più essere coltivata o non hanno accesso all’acqua potabile. A Cancún e dopo Cancún si avrà un bisogno fortissimo di Europa unita. Anche gli ambientalisti devono essere coesi e unire le forze.
Il protocollo di Kyoto è stato inadeguato e il Patto dei Sindaci è un protocollo di Kyoto che viene dal basso. Se si deve ripensare un nuovo protocollo di Kyoto, non si potrà fare come se Kyoto non ci sia stato: non si potrà chiedere ai paesi emergenti di fare quello che altri Paesi non hanno fatto (pagare per non aver rispettato il protocollo di Kyoto). Si deve pensare ad un protocollo che sia in grado di mettere in campo azioni, strumenti e finanziamenti per affrontare i cambiamenti climatici. L’Europa è la scommessa vera, che deve divenire protagonista nel campo della costruzione della pace e della sostenibilità ambientale e sociale.