Venerdì 30 settembre, presso Palazzo Marino, sede del Comune, è stata ufficialmente aperta a Milano, davanti a un pubblico intervenuto particolarmente numeroso anche per la evidente gravità dell’ora, la Campagna “Cento città per la Federazione europea” con un Convegno dal titolo “Europa: Federazione o catastrofe”.
Il segretario del MFE cittadino, Paolo Lorenzetti, nell’aprire la manifestazione ha illustrato le ragioni della Campagna, sottolineando come i suoi obiettivi (soluzione federale, coinvolgimento popolare, federazione dell’Eurozona nell’ambito della più vasta Unione) siano diventati di estrema attualità a fronte della pericolosità della crisi europea e della sua drammatica accelerazione. Dopo la comunicazione di alcuni messaggi, tra i quali quelli di Roberto Formigoni, Presidente della Regione Lombardia, e di Sandro Gozi – che ha in particolare ribadito la urgente necessità di un vero e proprio Governo federale per l’Europa, e richiamato la specifica responsabilità dell’Italia e della sua classe politica per la realizzazione di questo obiettivo - , Alfonso Iozzo per il MFE e Onorio Rosati, Segretario della Camera del Lavoro, hanno svolto due relazioni sul tema “Un Governo federale europeo per salvare l’euro e rilanciare crescita e occupazione”.
Iozzo, dopo un excursus sulle tendenze di fondo della crisi attuale, nel mondo e in Europa, ha messo in evidenza come con l’unità monetaria, gli europei si trovino oggi in equilibrio precario su un’asse dalla quale possono cadere dalla parte dell’unità politica, e così salvarsi, oppure dalla parte del disfacimento dell’euro e dell’Unione stessa, e così perdersi. Anche le ragioni profonde di una possibile “Iniziativa dei cittadini europei” (ICE) per la crescita e lo sviluppo, evocando una sorta di New Deal europeo, sono state ampiamente esposte dal relatore. Rosati ha in particolare richiamato alle proprie responsabilità i politici del Continente per la creazione di un reale interlocutore politico europeo, al quale le forze economiche e sociali possano rivolgersi a fronte di problemi che ormai richiedono soluzioni europee.
Franco Spoltore, Segretario nazionale del MFE, ha quindi aperto la Tavola rotonda con esponenti politici su “Italia: un ruolo da riprendere nella costruzione della Federazione europea”.
Spoltore, dopo avere ricordato come la radice principale dell’attuale crisi europea, e dei suoi riflessi sul resto del mondo, stia nell’avere creato una moneta senza uno Stato, ha messo in luce l’impossibilità per gli Stati europei e per l’Unione di superare le attuali gravissime difficoltà e di avviare un qualsiasi piano di sviluppo e crescita. Solo l’istituzione di un autentico Governo federale, a partire dall’Eurozona, permetterà agli europei di affrontare seriamente gli eventi e cominciare a risalire la china. In quest’ottica è stata criticata sia la proposta di Barroso, che vorrebbe affrontare la crisi con l’impianto istituzionale dell’Unione a 27, sia l’impostazione intergovernativa data per ora da Francia e Germania all’ipotesi di un Trattato parallelo a quello di Lisbona, tra i soli membri dell’Eurogruppo. La vera risposta non può che essere la creazione di istituzioni federali, nell’ambito dei Paesi che hanno adottato l’euro, a cui pervenire con il coinvolgimento e il sostegno popolare. Sono quindi state illustrate le ragioni dei federalisti per la Campagna e in favore della mobilitazione popolare a sostegno di un piano di sviluppo europeo attraverso lo strumento dell’ICE.
Rispondendo al richiamo di Spoltore alla classe politica del Paese che fu già di De Gasperi, Einaudi e Spinelli, sono intervenuti Mario Baldassarri, Marco De Andreis, Bruno Tabacci. A conclusione di interessanti analisi sulle attuali tendenze in atto a livello mondiale, tutti gli oratori hanno concluso i loro interventi sulla necessità e improcrastinabilità della soluzione federale per l’Europa dell’euro. In particolare Baldassarri ha dichiarato essere l’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa non più un’utopia ma un’emergenza, priva di valide alternative. De Andreis (ricordando le proposte sue e di Emma Bonino) ha ripreso il tema della “federazione leggera”, con responsabilità anche per la difesa e la politica estera, e con un bilancio realmente europeo e adeguato alle necessità. Tabacci ha insistito sulla radicale differenza tra l’attuale Unione europea e uno Stato europeo, di cui ormai c’è assoluto bisogno. Ha altresì promesso il suo appoggio alla lotta condotta dai federalisti per la realizzazione di questo obiettivo.
Nel chiudere il Convegno, il Presidente nazionale del MFE, Lucio Levi, ha ricordato la necessità, anche a livello mondiale, di istituzioni e di un’azione politica sopranazionali per consentire di governare il mercato e la globalizzazione nell’interesse dei popoli e dei singoli cittadini. Levi, nel denunciare i comportamenti contraddittori di molti esponenti politici, che prima invocano gli Stati Uniti d’Europa e poi si oppongono ai passi intermedi che possono avvicinare quell’obiettivo, ha ribadito l’urgenza di un’iniziativa politica in quella direzione da parte dei Paesi dell’Eurogruppo.
L’assemblea si è quindi sciolta, dopo avere fatto proprio l’invito a politici, associazioni, istituzioni a sostenere l’Appello del MFE.
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Versioni scaricabili dei file audio degli interventi
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Schema dell'intervento del segretario del MFE, Franco Spoltore
La crisi del debito sovrano e dell’euro ha rilanciato il dibattito sull’Europa politica e sul governo economico dell’eurozona. Era inevitabile: una moneta senza Stato (senza una politica fiscale ed economica) non può sopravvivere.
Questa crisi ha dei risvolti mondiali: l’Europa è ancora un importante crocevia del commercio e dell’economia internazionali. Da qui la preoccupazione anche di americani e BRICS sulla tenuta dell’euro e più in generale dell’Europa. Un suo crollo significherebbe una messa in discussione dell’ordine finanziario mondiale, con imprevedibili conseguenze anche sul piano dell’ordine politico e sociale e della stessa sicurezza non solo in Europa ma anche in altri continenti.
Ma c’è di più. La crisi si sta infatti sviluppando mentre due tendenze, una di carattere storico, l’altra ormai tipicamente europea, stanno creando le premesse di una marginalizzazione economica, finanziaria e politica dell’Europa.
La prima tendenza riguarda la redistribuzione delle ricchezze (e del potere) che è ormai in atto da qualche decennio su scala mondiale: una redistribuzione destinata a riequilibrare i rapporti di forza e di potere tra l’Occidente (Europa in primis) e il resto del mondo.
La seconda tendenza riguarda invece la ormai cronica incapacità della maggior parte dei paesi europei nel promuovere separatamente, o con le risorse e le politiche europee attualmente a disposizione, un vero piano di crescita e sviluppo continentale (piano senza il quale evidentemente non c’è via d’uscita strutturale dalla crisi, né futuro per le nuove generazioni di europei).
Questa crisi e queste tendenze non possono essere affrontate al di fuori di un rilancio del progetto della federazione europea (o degli Stati Uniti d’Europa). Molti riconoscono apertamente questa necessità (Fischer, Schroeder, Soros, Parisot, Marcegaglia, Bonino, persino il Ministro Frattini). Ma nonostante ciò gli europei arrancano dietro agli sviluppi della crisi, si limitano a guadagnar tempo, a tamponare l’emergenza. Questo perché da un lato non c’è ancora una chiara consapevolezza del quadro in cui rilanciare questo progetto – senza consapevolezza non ci può essere conoscenza nemmeno delle reali difficoltà da superare - e, dall’altro lato, non si traggono le conseguenze, in termini d’azione politica, di chiedere un’unione fiscale ed economica, di dotarsi di un bilancio europeo basato su risorse proprie, di promuovere la realizzazione di un piano continentale per la crescita e lo sviluppo.
Agire per realizzare questi obiettivi implicherebbe manifestare la volontà politica di trasferire le sovranità nazionali in alcuni settori cruciali a livello europeo; coinvolgere i cittadini nella creazione di un sistema di legittimazione democratica sovranazionale europeo per prendere tutte quelle decisioni che implicano scelte in campo fiscale, economico e della sicurezza; mobilitare l’opinione pubblica sul terreno del rilancio di un piano europeo – e non di tanti contradditori e spesso in conflitto fra loro, piani nazionali di crescita; di schierarsi ogniqualvolta se ne presentasse l’occasione, per il rafforzamento del potere fiscale europeo ecc.
Ma è la mancanza di chiarezza sul quadro in cui agire che in questo momento rischia di provocare danni incalcolabili sul piano politico. Perché le emergenze della crisi e del momento impongono ormai non solo di reclamare uno sbocco federale, ma anche di indicare come renderlo possibile. Ebbene, un simile chiarimento non può avvenire se non si inquadra l’attuale fase della battaglia politica europea non più e non solo genericamente nel quadro dell’Unione europea e dei Trattati esistenti, bensì nella prospettiva della creazione di una federazione nella confederazione: cioè se si affronta il problema di creare un potere, un governo federale a partire dall’eurozona nell’ambito della più ampia confederazione. Non a caso è su questa prospettiva che hanno incominciato a confrontarsi (e a scontrarsi) governi, istituzioni e forze politiche.
L’oggetto della contesa, almeno giudicare dalle prime prese di posizione e da quanto la stampa tedesca e quella francese lasciano intendere, è presto detto: gli europei devono decidere al più presto chi e come deve governare l’euro. Infatti, una volta appurato che al di là della gestione dell’emergenza (cioè dotazione e competenze dei vari fondi salva Stati, volontà dei governi e dei parlamenti nazionali di fare tutto ciò che è necessario per reperire risorse e risanare le proprie finanze ecc.), bisogna decidere se l’euro può e deve essere governata dalle istituzioni dell’Unione europea (più o meno riformate) o se invece occorre “un nuovo atto creatore”, per usare un’espressione monnettiana (un trattato parallelo, nel gergo diplomatico franco-tedesco).
Le due alternative sono riassumibili con le parole pronunciate dal Presidente della Commissione europea di fronte al Parlamento europeo il 28 settembre scorso nel suo discorso sullo Stato dell’Unione e con le anticipazioni emerse sulle intenzioni di Francia e Germania in vista del vertice europeo di metà ottobre.
Cosa ha detto Barroso?
".... For the euro area to be credible – and this not only the message of the federalists, this is the message of the markets – we need a truly Community approach. We need to really integrate the euro area, we need to complete the monetary union with real economic union. And this truly Community approach can be built how? In the coming weeks, the Commission will build on the six-pack and present a proposal for a single, coherent framework to deepen economic coordination and integration, particularly in the euro area. This will be done in a way that ensures the compatibility between the euro area and the Union as a whole. We do not want the euro area to break of course the great acquis of the single market and all our four freedoms.
……
Indeed, within the Community competences, the Commission is the economic government of the Union, we certainly do not need more institutions for this”.
Cosa propongono invece la Francia, ma soprattutto la Germania?
“Angela Merkel, la chancelière allemande, a proposé la première, début septembre, de refondre les traités. La France est, elle aussi, ouverte à une telle perspective, quitte à ce que la zone euro parachève sa propre organisation” (Bataille dans l'Union européenne pour savoir qui pilotera la zone euro Le Monde 30-09-11). Secondo Der Spiegel del 5-09-11 (Berlin Lays Groundwork for a Two-Speed Europe, http://www.spiegel.de/international/europe/0,1518,784348,00.html), il governo di Angela Merkel avrebbe allo studio già dal mese d’agosto un nuovo trattato per i paesi dell’Eurozona: “In addition to the club of 27 nations that primarily manages the common domestic market as it has done until now, Merkel envisions a tight alliance of the 17 euro-zone members -- one which would unify their fiscal, budgetary and social policies. This would create a two-class club, raising questions like: What happens to the European Commission? Will it still be responsible for economic matters in the euro zone, or will there be a new organization? The same questions apply to the European Parliament and the European Court of Justice in Luxembourg. Would all of these institutions have to be duplicated, meaning even more bureaucracy, effort and expense? … New bodies are to be formed to expedite the integration of the Euro Group. Germany and France want to make themselves more independent of the existing structures in the EU and no longer be solely dependent on the resources of the European Commission”.
Ora, la proposta della Commissione di un governo economico di un’Eurozona più integrata e coesa che dovrebbe dipendere dalle istituzioni attuali – sotto tutela anche di chi non ha adottato l’euro, non ha intenzione di adottarlo né di promuovere avanzamenti federali - semplicemente non è credibile.
D’altro lato la proposta franco-tedesca di un trattato parallelo che si limiti al rafforzamento del meccanismo di governo intergovernativo nell’area euro e delle sanzioni, può forse valere nel breve periodo come soluzione transitoria, ma non può durare, anche alla luce dei ripetuti richiami della Corte costituzionale tedesca in proposito, senza prevedere un coinvolgimento popolare, una legittimazione democratica ed una prospettiva di uno sbocco federale.
Siamo di fronte ad un dibattito e ad una battaglia non facili. Dibattito e battaglia che diventeranno impossibili da vincere se non si comincia ad affrontarli. Occorre scendere in campo con proposte concrete che, facendo leva sulle contraddizioni che stanno emergendo, mantengano la rotta la rotta verso la realizzazione della federazione nella confederazione.
Che fare?
Ben prima che la crisi si sviluppasse come si è sviluppata, i federalisti hanno posto il problema della rivendicazione della federazione europea a partire dall’Eurozona con il metodo del coinvolgimento popolare per giungere all’elaborazione di una costituzione federale tra i paesi ovviamente disposti ad impegnarsi su questa strada: chi vuole contribuire a questa battaglia può farlo diffondendo e usando la Campagna per la federazione europea
Ben prima che si dimostrasse vana la prospettiva di un rilancio delle politiche di crescita e sviluppo sul piano nazionale, i federalisti europei hanno avviato la proposta di lanciare una iniziativa dei cittadini europei per promuovere un vero piano di sviluppo, crescita ed occupazione. Agli europei non mancano i piani e le proposte di piani: mancano le risorse e le politiche per attuarli. E queste risorse e politiche latitano anche perché non c’è ancora stata una mobilitazione popolare a livello europeo degna di questo nome su questo terreno. E, per dirla tutta, questa mobilitazione non c’è ancora stata perché le forze politiche, sindacali e di categoria non si sono ancora impegnate a sufficienza per realizzarla. Noi chiediamo a queste forze di contribuire a questa mobilitazione in più paesi europei, perché senza questo stimolo difficilmente i governi, i parlamenti e le stesse istituzioni europee muoveranno dei passi concreti sul terreno della creazione di un effettivo potere fiscale e di bilancio sovranazionale nell’ambito dell’Europa (a partire dall’eurogruppo evidentemente).
Il MFE chiede alle forze politiche, alle istituzioni, ai parlamentari, agli uomini del mondo dell’impresa e del lavoro, agli intellettuali di scendere in campo, di usare la loro influenza e le loro energie per contribuire a sciogliere i nodi della governabilità dell’euro e delle prospettive di progresso per il nostro continente.
Perché queste sono le sfide di fronte alle quali ci troviamo. Questi comunque sono i temi sui quali continueremo ad incalzare i nostri interlocutori, politici e non, in Italia e fuori dall’Italia.
Del resto, solo confrontandoci a viso aperto con queste sfide e con i temi che la lotta per fare l’Europa ci pone oggi, sapremo se dall’Italia potrà ancora venire un contributo, non solo come federalisti europei, ma anche come classe politica ed opinione pubblica e forze vive della società al rilancio della tradizione federalista lasciataci da Einaudi, De Gasperi e Spinelli.