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La grande manifestazione popolare svoltasi a Parigi l'11 gennaio ha rivelato una forte volontà di reagire al terrorismo e alla paura che esso vuole generare (la paura, ha scritto Montesquieu, è il sentimento sul quale si fonda il dispotismo). L'unità del popolo francese, ma anche di quello europeo – testimoniato dalla presenza a Parigi di tutti i leaders europei e dalle manifestazioni di solidarietà svoltesi nelle principali città di tutto il continente – hanno mostrato la volontà dei cittadini europei di difendere la libertà e di respingere la violenza e l'odio.

Ciò che i trattati e le istituzioni europee non hanno saputo fare, l'ha fatto il popolo europeo: milioni di cittadini di tutti le religioni insieme ai non credenti hanno manifestato un'unica volontà di sconfiggere il terrorismo stando uniti.È un'unità che va al di là dell'Europa. Essa ha spinto Netanyahu a marciare insieme ad Abu Mazen e suggerisce che l'unica soluzione ragionevole del conflitto israelo-palestinese è una federazione tra i due popoli che si estenda agli altri popoli del Medio Oriente, mentre la proclamazione di Israele come “Stato ebraico”, che vuole Netanyahu, va esattamente nella direzione opposta: quella della discriminazione della minoranza araba, che rappresenta il 20% della popolazione dello Stato di Israele.

Nell'aderire alla spontanea reazione di tanti cittadini, il MFE sottolinea che questa unità di popolo, se non vuole essere soltanto un fatto episodico, deve essere interpretata dalla politica e tradursi in istituzioni e azioni politiche europee, vale a dire nel rafforzare e democratizzare l'UE. Bisognerà cominciare intensificando i controlli, le investigazioni, le azioni di polizia, per arrivare a vere e proprie cessioni di sovranità. Non si tratta di ritornare ai controlli alle frontiere tra gli Stati, come è stato chiesto da più parti, ma piuttosto di compiere un passo avanti nella direzione dell'unità politica – e non soltanto economica – e in particolare della politica estera e di sicurezza.

Infatti gli attentati di Parigi segnano l'irruzione nel cuore dell'Europa della guerra in corso nel Medio Oriente, che è soprattutto la conseguenza del vuoto di potere formatosi in Europa con il tramonto dell'influenza americana nel Mediterraneo e in Africa, che non è stato accompagnato dalla affermazione di un'Europa capace di agire come attore globale. Va denunciata l'ignavia dell'Europa che non ha saputo stimolare lo sviluppo della regione, promuovere l'integrazione economica del mondo arabo, aiutare la primavera araba. Solo con queste politiche si può contrastare la guerra che torna dalla Siria, all'Iraq, a Gaza, alla Libia, fino alla Nigeria (dove avvengono massacri di ferocia e dimensioni inaudite) ed è destinata a estendersi ancora. Gli interventi militari americani in Afghanistan e in Iraq e quello franco-britannico in Libia hanno contribuito alla disgregazione di Stati multietnici, cui non ha fatto seguito una politica di sviluppo economico, di ricostruzione politico-amministrativa e di integrazione regionale.

In definitiva, l'Occidente ha la responsabilità di avere alimentato il risentimento delle masse del mondo arabo. Se il vuoto di potere formatosi in Europa offre al terrorismo un'occasione per infiltrarsi, l'Europa non può che rispondere con il rafforzamento della sua unità.

Lucio Levi

  


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