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"Chi si limita a vedere le cose a livello nazionale e non ha una visione del mondo sbaglia strada, di questo sono convinta." Con questa decisa scelta di campo la Cancelliera Merkel è andata ben oltre le pur significative affermazioni dei giorni precedenti: "E' finito per certi aspetti il tempo in cui potevamo fare pieno affidamento sugli altri. Per questo noi europei dobbiamo davvero riprendere in mano il nostro destino. Siamo noi a dover lottare per il nostro futuro."

Gli insanabili contrasti emersi nel recente G7 tra gli europei e gli americani su tutti i principali argomenti, in particolare sulla corsa al riarmo e sul rispetto degli accordi di Parigi sul clima, hanno di fatto posto fine all'alleanza tra le due sponde dell'Atlantico, il cardine della politica occidentale negli ultimi 70 anni.

La linea di divisione tra nazionalismo e federalismo individuata con straordinaria chiaroveggenza nel Manifesto di Ventotene si sta imponendo oggi ovunque. Trump per il momento ha schierato gli Stati Uniti dalla parte del nazionalismo, dell'unilateralismo, del protezionismo, e l'ha fatto con una chiarezza e con una brutalità che non lasciano adito a dubbi.

L'onda era partita dal referendum inglese sull'appartenenza all'Unione europea, come decenni prima l'affermazione di Margaret Thatcher aveva segnato l'inizio del lungo dominio neoliberista. Allora la prova di forza voluta da Reagan favorì la caduta del Muro di Berlino e poi la disintegrazione dell'URSS. La risposta parziale dell'Europa a quegli eventi fu il progetto di unione monetaria, sancita con il Trattato di Maastricht e poi realizzata alla fine degli anni '90.

Oggi gli Stati Uniti non offrono più garanzie sul terreno ben più rilevante della sicurezza e lo fanno in un momento in cui, anche a seguito di alcuni loro improvvidi interventi, le aree attorno all'Europa sono divenute le più instabili e le più pericolose a livello mondiale. Per di più la stessa unione monetaria, non accompagnata da un'unione fiscale ed economica, ha rivelato con lo scoppio della crisi finanziaria tutta la sua gracilità.

In questo quadro vanno sicuramente incoraggiate tutte le misure compatibili con gli attuali Trattati, come la cooperazione strutturata permanente in materia di difesa, il completamento dell'unione bancaria o le proposte della Commissione sulla politica di bilancio e sul Meccanismo Europeo di Stabilità, ma – per usare le parole della Merkel – ora "noi europei dobbiamo davvero riprendere in mano il nostro destino", creando un'unione politica, costituita dai Paesi dell'Eurozona o da quelli di essi che lo vorranno, dotata delle istituzioni, delle procedure e delle risorse tipiche di un ordinamento federale.

I risultati delle elezioni prima in Austria, poi nei Paesi Bassi ed infine soprattutto in Francia hanno segnato la sconfitta di chi "sbaglia strada". Per questo la frana che sembrava essersi aperta con Brexit è stata fermata e l'Europa può proporsi di indicare il giusto percorso al resto del mondo, ma per farlo deve realizzare la propria unità e smetterla di "fare affidamento sugli altri."

La Banca centrale europea con i suoi provvedimenti ed i suoi moniti, il Parlamento europeo con l'approvazione dei 3 Rapporti, la Commissione europea col suo Libro bianco hanno già indicato il cammino. Varie manifestazioni popolari, tra cui la Marcia per l'Europa del 25 marzo a Roma, hanno dimostrato che il popolo europeo è ancora largamente favorevole all'unità del Vecchio Continente. Dopo la vittoria di Macron, che si propone di riportare la Francia al centro del progetto europeo, le dichiarazioni della Cancelliera Merkel, del Ministro degli esteri Gabriel e del candidato SPD alla cancelleria Schulz hanno confermato che la classe politica tedesca è oggi pienamente convinta della necessità di un rilancio della costruzione europea che non si limiti ad un puro maquillage delle istituzioni esistenti. Esistono quindi tutte le condizioni perché i federalisti possano battersi per portare a compimento l'audace disegno concepito a Ventotene negli anni più bui della Seconda guerra mondiale.

  


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