In un articolo pubblicato il 5 luglio sul Guardian (Any new Marshall plan will founder in the minds of Europe's hesitant leaders) si ricorda l’importanza che ha avuto il Piano Marshall nella ricostruzione dell’Europa: “Roughly $13bn was paid out in the European Recovery Program (the Marshall plan's official name) and this proved indispensable in laying the foundations for the "miracle" of sustained economic growth in the decade that followed. This $13bn amounted to some 5% of America's national income in 1948. (The equivalent sum for the EU today would be in excess of $800bn)”.
Ma soprattutto, al di là dei numeri, si sottolinea il forte impatto psicologico (e politico, bisogna aggiungere) che ebbe il lancio di questo piano per rilanciare non solo le economie, ma anche le società e il progetto di unificazione europea.
Oggi da un lato i paesi europei avrebbero bisogno di un nuovo Piano Marshall per risollevare le rispettive economie ed affrontare le sfide globali di fronte alle quali si trovano; d’altro lato dovrebbero essi stessi farsi promotori, attraverso l’Unione europea, di un nuovo Piano Marshall nei confronti di aree vicine, come il Nord Africa, che rischiano di implodere. Il problema è che gli europei non possono più contare sull’aiuto incondizionato degli USA, a loro volta alle prese con le conseguenze della crisi finanziaria e con un indebolimento della leadership a livello internazionale. Né possono sperare, come sembra fare il Guardian, nella visione e volontà politica del Presidente della Commissione europea contrapposta a quella di altri leader nazionali europei. Dovrebbero trovare la volontà ed il coraggio di rilanciare il progetto di unificazione politica dell’Europa ed un vero piano di sviluppo e crescita. Come scrive l’autore dell’articolo sul Guardian “The clock is ticking: in September the next package of aid for Greece will have to be announced. It will be a decisive moment and the outcome will be critical for Greece, and for the union too”.