L’unità europea come la conosciamo dal 1951 è stata edificata sulle ceneri della Seconda Guerra Mondiale, il conflitto più devastante nella storia dell’umanità. A distanza di ottant’anni, la guerra è tornata ad affliggere il nostro continente e si sta avvicinando sempre più pericolosamente ai confini dell’Unione europea. Il tentativo di Putin di sfruttare le divisioni dei 27 Stati membri è tuttavia fallito, riconfermando il senso di appartenenza e di unità già emerso durante la pandemia. Se da un lato, la nuova Unione “geopolitica” dev‘essere motivo di soddisfazione per le forze europeiste d’altro lato, questo momento di coesione politica senza precedenti non deve essere motivo di immobilismo politico, né di miope accettazione dei limiti che i trattati - nella loro forma attuale - impongono all'affermazione di una vera politica transnazionale.. Al contrario, la capacità di azione dell’Unione, limitata dall’attribuzione delle competenze, nonché dai numerosi ambiti per i quali è ancora richiesto il voto all’unanimità, deve portarci ad insistere ulteriormente per la creazione di un’Europa sovrana e democratica. Soprattutto, è necessario superare la concezione della democrazia come un monopolio nazionale rinchiuso all’interno dei confini dei Ventisette.
La sopravvivenza stessa degli Stati nazionali, ormai incapaci di garantire i loro stessi interessi vitali di fronte ad un mondo di “imperi”, dalla Russia alla Cina, dipende dalla riuscita di questo progetto transnazionale. Le maggiori sfide globali a cui siamo confrontati su base quotidiana, come il cambiamento climatico, la transizione digitale e la salvaguardia del multilateralismo, hanno infatti un carattere transnazionale e sono dunque immuni alle azioni unilaterali delle singole nazioni, la cui capacità di influenza è diminuita drasticamente. Allo stesso tempo, l’attribuzione di nuove competenze all’Unione non deve assolutamente prescindere dalla creazione di un vero e proprio spazio politico europeo, grazie alla progressiva affermazione di soggetti politici e civici transnazionali come protagonisti principali di elezioni e dibattiti finalmente europei.
Oggi l’UE non può ancora dirsi pienamente democratica, né potenza, tantomeno sovrana. Questa è stata inoltre una delle principali conclusioni della Conferenza sul Futuro dell’Europa, che si è chiusa il 9 maggio 2022, in cui i cittadini che vi hanno partecipato hanno chiesto alla politica europea e nazionale di rendere l’Unione più sociale, più verde, ma soprattutto più democratica e attenta alle richieste dei propri cittadini. Un tale appello non può e non deve cadere nel vuoto. Il Parlamento europeo, tenendo fede al proprio impegno, ha immediatamente approvato la riforma sulla legge elettorale che introduce le liste transnazionali e una risoluzione che avvia la procedura di revisione dei Trattati ai sensi dell'Articolo 48 del Trattato sull’Unione europea, chiedendo al Consiglio europeo di convocare al più presto una Convenzione. Le idee e proposte di questo “federalist paper” possono contribuire in maniera concreta e costruttiva alla democratizzazione dell’UE in vista dell’imminente processo di riforma europea.
Vogliamo, perché la riteniamo ormai indispensabile, un’Unione federale, sovrana e democratica, per difendere i valori e i principi di pace, il multilateralismo e la cooperazione tra paesi liberi e sovrani; per difendere i valori, gli interessi e le identità nazionali e locali; pronta anche ad agire come potenza sulla scena globale per gestire in modo più efficace problemi e sfide su cui gli stati nazionali hanno ormai perso il controllo.