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Dichiarazione della Presidenza e della Segreteria del MFE in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016

Da sempre, e ovunque, le buone politiche sono rese possibili dalle buone istituzioni. Da sempre, le diverse potenzialità e capacità di sviluppo economico e sociale che esistono nel mondo dipendono strettamente dalla qualità delle istituzioni che sono state create, dalle regole che hanno influenzato il funzionamento dell’economia, dall’articolazione del sistema di governo sul territorio, nonché dagli incentivi che hanno motivato e responsabilizzato i singoli individui.

L’Italia e l’Europa non sfuggono a questa dinamica. Oggi l’Italia, come mostrano i dati forniti dalla BCE nel bollettino del 4 agosto 2016, risulta essere in Europa, assieme alla Grecia, il paese con la peggior qualità istituzionale, intesa come «l’insieme delle norme e delle politiche capaci di garantire una base di partenza comune a tutti gli attori economici». Ed esiste una stretta correlazione tra questa inadeguatezza istituzionale e le difficoltà italiane di reagire alle crisi ed ai cambiamenti. Lo stesso vale per l’Europa.

E' dall’inizio degli anni Ottanta che l'Italia, riprendendo una preoccupazione che era già dei padri costituenti, tenta, senza successo, di promuovere una riforma istituzionale in grado di dare maggiore stabilità e capacità di governo al paese. L’evoluzione del quadro europeo e mondiale, con la creazione del mercato unico prima e dell’euro poi, e con la fine della Guerra fredda, aveva reso ancora più urgente tale riforma, che costituiva una condizione decisiva per permettere all’Italia di colmare il divario che la separava dai paesi europei più solidi. Contemporaneamente, anche l’Europa avrebbe dovuto avviare la nascita dell’unione politica, sulla base del progetto di Altiero Spinelli approvato dal primo Parlamento europeo eletto direttamente. L’insabbiamento delle necessarie riforme in Italia e del progetto Spinelli è all’origine di quelle tendenze negative nella società che si sono via via tradotte in una sempre peggiore selezione della classe politica, in un crescente distacco dei cittadini dalla vita pubblica, in una progressiva emarginazione delle nuove generazioni dal sistema economico, sociale e politico.

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Negli anni Novanta l’Italia e l’Europa, grazie alla nascita dell’unione monetaria e grazie al progetto politico di unione economica e politica che sorreggeva l’euro, sono comunque riuscite a non soccombere di fronte alle nuove sfide apertesi sul piano geopolitico con il crollo dell’URSS, con l’ascesa del resto del mondo rispetto all’Occidente e con l’accelerazione del fenomeno della globalizzazione. Ma oggi, la mancata realizzazione del progetto politico che doveva completare l’unione monetaria e dotare l’Europa degli strumenti necessari per affrontare i problemi in modo efficace, pone ancora una volta l’Italia e l’Europa di fronte alla scelta tra rinnovarsi profondamente o disintegrarsi. Una scelta che oggi si gioca sul terreno strettamente politico.

L’Italia è infatti chiamata a decidere su una riforma costituzionale lungamente dibattuta. Dall’esito del referendum non dipenderanno solo una diversa composizione ed un diverso ruolo del Senato, ma anche ed inevitabilmente la stabilità del governo nazionale e la sua credibilità e capacità d’agire a livello europeo nei prossimi mesi, che saranno decisivi.

L’Europa deve invece riuscire a dare risposte efficaci alla crisi creata dal flusso dei rifugiati e dal problema dei migranti, al rilancio dell’economia, alla disoccupazione; ma per farlo deve essere capace di promuovere un cambiamento dei trattati in senso federale. Il rinvio del consolidamento dell’unione monetaria in una vera unione politica ha infatti approfondito, e non ridotto, le divergenze economiche e politiche tra i paesi dell’Eurozona, minando la coesione e la solidarietà fra gli Stati, indebolendo la capacità di risposta nazionale ed europea ai problemi ed alle sfide di fronte alle quali ci troviamo. E, fatto ancor più grave dal punto di vista della tenuta dell’ordine politico e sociale nei singoli Stati, ha alimentato una crescente sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni nazionali ed europee ed ha affievolito la coscienza dell’importanza dei risultati raggiunti grazie agli avanzamenti del processo di integrazione continentale per quanto riguarda condizioni di pace, progresso e benessere tuttora impensabili in gran parte del mondo.

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In meno di un anno alcune cruciali decisioni e scelte nazionali ed europee si intrecceranno fra loro, a partire da quelle che dovranno essere prese in Italia, Francia e Germania. Le decisioni di questi governi, delle istituzioni nazionali ed europee, e le scelte dei loro cittadini determineranno nel bene e nel male il corso degli avvenimenti per i prossimi decenni. Se queste decisioni e scelte non verranno prese nell’ottica di contribuire a fare l’Europa, non assisteremo alla rinascita delle nazioni europee, ma gli stessi Stati nazionali saranno condannati alla dissoluzione e alla perdita d’identità nell’anarchia. Fare l’Europa e non ricadere nei ben noti mali del passato dipende soprattutto da noi.

 

27 settembre 2016

  


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