Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). E' possibile scegliere se consentire o meno i cookie. In caso di rifiuto, alcune funzionalità potrebbero non essere utilizzabili.

Informazioni
Logo MFE

  

Anche se a prima vista i risultati delle elezioni europee non cambiano molto i numeri della maggioranza uscente all’interno del Parlamento europeo – e confermano l’impossibilità di maggioranze alternative – è innegabile che il voto che si è appena concluso abbia rappresentato un vero e proprio terremoto negli equilibri politici.

La differenza è che, mentre negli anni scorsi questa ostilità si traduceva in proposte massimaliste (quali l'uscita dall'Unione, l'abolizione della moneta unica o la soppressione delle istituzioni sovranazionali), oggi la nuova strategia dei partiti anti-europei punta alla proposta dell'Europa delle nazioni, che auspica che gli interessi egoistici dei singoli Stati prendano il sopravvento. Si tratta di un progetto totalmente inconsistente, ma non per questo meno pericoloso, perché rappresenta un vero e proprio sabotaggio del processo di integrazione europea dall'interno, destinato a paralizzare e svuotare l’intera costruzione comunitaria.

Il nuovo Parlamento Europeo

Questa ascesa del nazionalismo euroscettico, che rischia di prendere il potere in Paesi chiave quali la Francia, è la dimostrazione dell’urgenza di cambiare l’attuale sistema dell’UE: infatti è vero che questa Unione, da un lato, non soddisfa una parte importante di cittadini che non riescono a cogliere il fatto che è proprio grazie al quadro europeo che il livello di benessere delle nostre società resiste ed è possibile tornare ad accrescerlo; dall’altro non produce una europeizzazione né del dibattito politico, né dell’opinione pubblica e quindi non permette di far emergere il punto di vista comune e l’interesse generale, ma chiude il confronto e il voto nel recinto nazionale in cui i governi (in particolare nei Paesi che sono stati più forti e più ricchi) appaiono deboli, impotenti, e per di più succubi di questa Europa. Una situazione paradossale, tenendo conto che il controllo dei governi sui meccanismi europei è invece la loro maggiore fonte di potere, cui restano gelosamente attaccati.

Al tempo stesso, in modo quasi simmetrico, anche all’interno di quella che comunque continua ad essere un’ampia maggioranza politica pro-europea, sono avvenuti cambiamenti importanti, soprattutto a seguito delle misure prese per contrastare in modo solidale e unitario la pandemia e a seguito del processo della Conferenza sul futuro dell’Europa. Sono cioè diventate prevalenti le spinte federaliste che hanno sostituito la difesa dell’esistente e il sostegno all’idea di un lento progresso funzionalista dell'integrazione. Il pericolo di essere schiacciati dalle potenze autocratiche, come l'esperienza della guerra in Ucraina sta dimostrando, e dalla concorrenza globale – non solo da parte della Cina, ma anche degli stessi USA, come l’Inflation Reduction Act prova – hanno fatto emergere nuovamente l’obiettivo di un’Unione politica su basi federali. Va letto in questo senso, dunque, il progetto di riforma dei Trattati sostenuto dalle forze europeiste nel Parlamento europeo uscente, già approvato in plenaria lo scorso 22 novembre e adesso bloccato sul tavolo del Consiglio europeo, in attesa che i capi di Stato e di governo decidano di convocare a maggioranza semplice una Convenzione che discuta i contenuti della riforma.

Le elezioni europee 2024 portano in primo piano dunque una tendenza che era già presente e forte da anni, ma che ora subisce un’accelerazione e si definisce con maggiore nettezza. Riguarda le insufficienze dell’Unione europea, che non è adeguata di fronte ai cambiamenti e alle sfide in atto. Questo fatto è chiaro alla maggior parte delle forze politiche in gioco, le quali si sono presentate in campagna elettorale proponendo comunque una trasformazione dell'Unione, in un senso o nell'altro: sostenere la costruzione di una sovranità europea democratica, oppure ritornare all’Europa delle piccole patrie, che in teoria si dicono pronte a collaborare ma che, in realtà, mantenendo come punto di vista unico il proprio interesse particolare, si preparano a tornare a competere le une contro le altre.

È questa la vera posta in gioco della legislatura che si apre, ultima chiamata per scegliere il futuro dell’Unione europea. È chiaro, in questo quadro, che, il compito delle forze pro-europee diventa molto più difficile, in un momento in cui il consenso esiste ancora, ma si assottiglia; e che per questo la battaglia dovrà essere molto determinata e lucida, da condurre in tutte le istituzioni – dal Parlamento europeo a quelli nazionali, fin nei governi – anche per riconquistare i cittadini confusi. Viceversa, se prevarrà la ricerca di compromessi, se non si avrà il coraggio di aprire un vero e proprio processo di riforma, se si cercherà di usare i soliti cavilli sterili, la partita sarà perduta. Per questo i federalisti sostengono che la nuova maggioranza al Parlamento europeo dovrà costituirsi attorno a due posizioni irrinunciabili, condizione imprescindibile anche per il sostegno alla nuova Commissione: il supporto pieno all’Ucraina nella sua guerra di resistenza all’aggressione russa e la volontà di riformare i Trattati, raccogliendo il testimone della legislatura uscente e battendosi per la convocazione della Convenzione.

Come vorrà muoversi il governo italiano si vedrà già nelle prossime settimane. Ancora una volta il MFE intende sottolineare con forza quale è il vero interesse dell’Italia in questa partita. Un’Europa delle nazioni è un’Europa senza politica estera e di difesa comuni (e quindi senza neanche capacità di sviluppare una politica migratoria comune), che mantiene le regole e il rigore come unica bussola, perché non fa politica e non può rafforzare il bilancio comune, né creare le condizioni per un debito comune e investimenti comuni, destinata nel complesso a rischiare di perdere la libertà e sicuramente ad impoverirsi; e in questo quadro l’Italia – forte nell’Unione come grande Paese fondatore, ma debole nella competizione senza istituzioni comuni anche per via del suo debito così problematico – è destinata a dover subire molto.

Per la Presidente del Consiglio, che ha consolidato la sua leadership con un risultato importante, anche rispetto a quegli alleati di governo che appartengono alle forze anti-europee, è tempo di decidere come usare questo patrimonio di fiducia che le hanno dato i cittadini italiani e scegliere se vuole battersi per loro, impegnandosi per un’Europa politica (che può solo essere federale, fondata su una vera sussidiarietà) o se aiutare il fronte di chi va a distruggere il loro futuro.

Pavia-Firenze, 14 giugno 2024

 

  


Segreteria nazionale

Via Villa Glori 8 - 27100 Pavia
C.F. 80010170183 - Tel.: 0382 530045 - Email: mfe@mfe.it

© Movimento federalista europeo 2024